UFC 248, Adesanya vs Romero: quando un match non lo vince nessuno

UFC 248, Adesanya vs Romero: quando un match non lo vince nessuno

15 Marzo 2020 1 Di Redazione

Ammettiamolo: quando è stato ufficializzato il match l’eccitazione era palpabile. Basta fare i nomi di Stylebender e Soldier of God per creare aspettativa e countdown personali in attesa di sedersi sul divano per gustarsi uno scontro che si annunciava epico. Ed è stato epico fino a quando il buon Bruce Buffer non ha annunciato i fighter nell’ottagono di UFC 248. Dopodiché abbiamo assistito ad un combattimento quantomeno singolare, in cui molte delle previsioni che si sprecavano alla vigilia sono state poi disattese.

Doveva essere uno degli incontri dell’anno, ma Adesanya e Romero hanno dato vita ad un incontro atipico, che ha fatto storia, se vogliamo, in negativo. Raramente abbiamo assistito ad un combattimento così elusivo, in cui la paura reciproca, mascherata dietro due strategie apparentemente attendeiste, ha rovinato tutto. Da una parte il campione in carica ha deluso le aspettative di chi contava nel suo approccio spettacolare e nello striking pulito, ma bisogna anche ammettere che la tensione in certi casi fa brutti scherzi, e la prima difesa del titolo è un banco di prova duro per chiunque.

Romero, dal canto suo, sentiva la pressione della probabilmente ultima title shot UFC disponibile in carriera. Il risultato è stato un match di fioretto per entrambi, un bizzarro rincorrersi senza davvero affondare colpi che potessero scoprire la guardia ed esporsi ad un counterstriking che poteva rivelarsi letale. Campione e contendente apparivano bloccati in una partita a scacchi in cui il primo a fare la propria mossa avrebbe dettato il ritmo di un combattimento in cui, quote alla mano, non vi era un vero e proprio favorito.

L’unico pronostico quantomeno realistico era il coefficiente di spettacolarità a cui ci hanno abituato nel tempo i due atleti, ma la vera offensiva è stata vista solo nelle interviste post gara e nei video montati ad arte da entrambi sui rispettivi canali social. Se Romero avesse avuto davvero a cuore i soldi che gli spettatori hanno investito per godersi lo spettacolo avrebbe dovuto attaccare di più, se Adesanya avesse voluto apparire un legittimo campione avrebbe potuto imporre la lunghezza delle proprie leve per attaccare e allontanarsi come suo solito.


Alla fine, il momento più memorabile del match è stato il primo minuto di gara, con cui i memers di internet si sono sbizzarriti: sembrava, per citare il migliore dei meme a riguardo, quando prendi il joypad in mano per la prima volta e cerchi di capire i comandi. A memoria troviamo difficile ricordare un primo minuto in cui non c’è stato avanzamento né colpi inferti all’avversario. Un recap del combattimento, a tal proposito, risulta difficile. Certo, si può parlare dei calci alle gambe del campione. Certo, Romero può recriminare una guardia a mano aperta dell’avversario che ha poi causato un rischioso eye-poke ai suoi danni – e sugli eye-poke a prescindere dal singolo caso ci sarebbe da discutere in UFC – ma tutte queste riflessioni sono piccolezze dinanzi ad un match che da qualunque punto di vista possa essere analizzato ha deluso su ogni fronte.

Vero è che a 42 anni e 11 mesi d’etá l’incoscienza è rara in un atleta, e riconosciamo la volontà di non scoprirsi a rischi inutili, così come è altresì vero che la cintura pesa anche quando non la si indossa e prima di lanciarsi a guardia aperta Adesanya avrà riflettuto su ogni singolo jab, ma il sapore che abbiamo in bocca dopo l’«and still» di Buffer è che un match del genere sia difficile da giudicare per la mole ridotta di materiale da valutare. Qui non ci lanciamo in giudizi che spettano – nella maggioranza dei casi – a ben più qualificati giudici, bensì ci limitiamo in un commento da amanti dello sport che si sentono privati di un’emozione. Adesanya non convince e Romero benché si definisca people’s champ non ha prodotto abbastanza da potersi arrogare tale titolo né per recriminare un furto ai suoi danni.

Quel che dispiace di più, tuttavia, è l’ipocrisia mostrata nel post match. “La gente paga per i PPV, paga per i biglietti, non è rispettoso nei loro confronti scappare nell’ottagono e non combattere”. Siamo tutti d’accordo, ma non sembra che il cubano si sia dimostrato differente dal proprio avversario. E in uno sport in cui, a ragione o a torto – i puristi propendono però per il torto – per diventare campione devi sconfiggere il campione, Romero non ha sconfitto nessuno.


Adesanya ha ancora tanto da imparare e ha un carattere da rinforzare ancora parecchio se, come dice, punta a spezzare la legacy di Jon Jones. Il futuro per Romero è ancora un’incognita a differenza del campione che ha già segnato nel suo Death Note il nome di Paulo Costa. Il brasiliano sarà un’altra prova importante per Stylebender. Sperando che questo combattimento possa, al di là de risultato, soddisfare tutti.