UFC, la resurrezione mentale di Jorge Masvidal: dalla strada alla gloria

UFC, la resurrezione mentale di Jorge Masvidal: dalla strada alla gloria

19 Giugno 2020 2 Di Redazione

Jorge Masvidal è decisamente assodato tra le star UFC, il 2019 è stato il suo anno, detiene la cintura BMF ed il record per il KO più veloce della storia della promotion. Ma combatte come professionista dal 2003. Sedici anni per diventare uno dei nomi più caldi nella categoria più calda della più grande promotion di MMA al mondo. Sedici anni. Quando Masvidal ha iniziato a combattere Nick Diaz (qui la sua storia) era appena entrato in UFC, il Nokia 3100 era il telefono più gettonato e “In Da Club” di 50 Cent era in testa alle classifiche mondiali.

Prima del debutto, chiunque sa che Gamebred ha spopolato su YouTube con i “backyard fights” condotti da Kimbo Slice, vincendo per resa contro il protetto di quest’ultimo: Ray. La paga di questi combattimenti da strada era di circa 1000$ per a vittoria e a Masvidal servivano eccome. Infatti, la sua famiglia di padre cubano e madre peruviana viveva una condizione economica decisamente poco agiata. Il padre Jorge Masvidal Sr. fu arrestato per questioni legate alla droga quando Gamebred aveva soli quattro anni e rimase detenuto per diciotto. La madre era rimasta sola col figlio, che non ha perso tempo nel diventare una testa calda continuamente coinvolto in risse, motivo per cui fu espulso dalla scuola. Dai “backyard fights” il nostro BMF guadagnava qualcosina, ma dopo quei momenti di gloria ha addirittura passato un periodo a dormire in macchina.
Non una vita facile, ma tra il padre che usciva di prigione e Masvidal che iniziava la carriera da pro la svolta era nell’aria.
Da lì Strikeforce, Bellator fino all’esordio in UFC nel 2013.

Masvidal qualitativamente è sempre stato notevole: ottimo striking, wrestling e BJJ validi e un mento piuttosto ferreo (una sola sconfitta per KO, una per sottomissione e il resto per decisione). Ciò che è mancato a Gamebred fino al 2019 è stata la tenacia e il veleno per chiudere i match prima del limite: troppe sconfitte per decisione, spesso per split decision. Ma un anno di stop per infortunio prima del 2019 ha cambiato le carte in tavola, portandolo a compiere una vera e propria resurrezione mentale nell’approccio al combattimento. È stato in grado di accogliere gli errori e la mancanza di ferocia dei match precedenti, e trasformarli in lezioni e apprendimento di mindset che lo hanno portato ad essere dov’è ora. In un anno tre vittorie per KO/TKO, la cintura BMF, il record per il KO più veloce della storia.

Sotto la maggior parte dei post più recenti di Street Jesus vediamo l’hashtag #TheResurrection: così chiama il periodo di ascesa recente che lo ha portato dov’è ora e non possiamo che confermare la veridicità di questo termine e di questo hashtag. Jorge Masvidal è definitivamente risorto e per quanto il termine possa essere ricondotto a questioni fisiche legate al superamento dell’infortunio, la resurrezione del BMF è soprattutto psicologica.
Si legge negli occhi che ha quando sferra qualsiasi colpo, nelle espressioni intrise di tenacia e forza, nella spingersi con cattiveria verso un obiettivo: chiudere prima del limite.

In italiano si dice “sbagliando si impara”, in inglese è più bello:”win or learn”, letteralmente “vinci o impara”, un motto che non contempla l’errore o la sconfitta, ma solo la capacità di mettersi in discussione ed imparare, accogliere dentro di sé la voglia di apprendere ciò che è mancato per non arrivare alla vittoria. E credo sia precisamente questo quello che è accaduto nella mente di Masvidal: sconfitte per split decision controverse trasformate in una sola lezione: chiudere il match prima del limite. E si è visto. Till e Askren all’ospedale, Nate Diaz fermato dal medico per il solito taglio sull’arcata sopracciliare destra, ma questa volta troppo profondo e imbarazzante. Jorge Masvidal vuole acquisire completamente il controllo dell’esito del match, il destino della vittoria. Si nota negli occhi, nell’impostazione, nell’aggressività, nella pressione che mette su qualsiasi avversario gli capiti davanti.

Tempo e sconfitte possono confluire nei più tristi decadimenti di carriera, ma possono insegnare se si è saggi al punto tale di ritrovare la propria fame e il proprio senso di autoefficacia e coadiuvarli nella determinazione e nella cattiveria. Perché in questo sport la violenza non risiede nel sangue e nelle gomitate, a volte risiede nella ferocia con cui si affrontano le circostanze sfavorevoli che il destino (e i giudici) mettono davanti ai fighter.
Possono servire sedici anni di carriera ed un passato da combattimento da strada per intraprendere la via vincente: non è importante quando, basta che accada. Dio lo sa e lo sa anche il Gesù della Strada.