UFC, Tatuaggio neo-nazista sul braccio di un coach: lui si difende, ma i pregressi…

UFC, Tatuaggio neo-nazista sul braccio di un coach: lui si difende, ma i pregressi…

23 Luglio 2020 0 Di Redazione

UFC – La Fight Island si marchia di un altro episodio ambiguo. Questa volta è il caso di UFC 251, la card che ha visto Usman vincere contro Masvidal, dove nel corso della preliminary, precisamente nel match tra Leonardo Santos e il russo Roman Bogatov, il coach di quest’ultimo mostra sul gomito un tatuaggio abbastanza eloquente.

La fight di per sé era già stata vivace al limite della commedia, con Bogatov che era riuscito a farsi togliere 2 punti per aver messo le dita negli occhi dell’avversario, avergli dato due calci sulla conchiglia, nonché una ginocchiata in faccia proprio nell’istante in cui Leonardo Santos si trovava a terra. Insomma, dare una spolverata al regolamento forse sarebbe stato utile, ma questo è un altro discorso.

Il punto della controversia, venuto fuori attraverso alcuni media e approfondito dal giornalista di Bloody Elbow Karim Zidan (clicca qui per leggere l’articolo originale, a cui ci siamo in parte ispirati) è stato il tatuaggio del coach di Bogatov, un sole nero, in tedesco il Sonnenrad, un simbolo di forma solare principalmente noto per essere utilizzato in ambienti neonazisti, sebbene la sua origine si possa rintracciare nei riti pagani delle antiche popolazioni slave e germaniche.

Peccato che il disegno del tatuaggio di Aleksey Kieser, il suddetto coach russo, è identico alla versione che uno dei più noti gerarchi nazisti Heinrich Himmler, utilizzava per associare alcuni luoghi nevralgici al regime totalitario, come il castello di Wewelsburg in Germania.

Aleksey Kieser, dal canto suo, è anch’egli un fighter dei pesi massimi (10-4 MMA), che ha combattuto per la White Rex, una promotion russo-ucraina, adesso diventata marchio di abbigliamento, tristemente celebre per la produzione di magliette, felpe e merchandise vario, contenenti simboli fascisti e nazisti leggermente camuffati e addolciti, per non essere immediatamente identificabili.

Inoltre a fine 2013 a Mosca, Kieser ha partecipato ad un torneo di Pro MMA, il Birth of a Nation, che richiamava valori sfacciatamente razzisti e xenofobi, e aveva lo scopo di promuovere in qualche modo una seconda era per il Ku Klux Clan che, come tutti sappiamo, all’epoca si impegnava a propugnare la superiorità della razza bianca tra le altre.

Insomma un bel casino, unito poi al fatto che Kieser, nei suoi account social, ostenta tranquillamente il suo tatuaggio con il Black Sun, e un elegante look a base di emblemi, sigle e segni di riconoscimento vari, a dir la verità, molto poco velati.

Il coach e fighter russo si difende sostenendo che sono dei semplici simboli pagani, belli esteticamente, che non hanno niente a che fare con i significati legati al neonazismo e a quant’altro. Sarà pura noncuranza? Banale ignoranza? Tra l’altro quello del Sole Nero è lo stesso simbolo che aveva usato l’attentatore di Christchurch nella strage dell’anno scorso in Nuova Zelanda, interamente trasmessa in diretta video su Facebook.

Recentemente UFC aveva anche ingaggiato l’ingresso di Kieser nei pesi massimi, in short notice proprio per l’evento del 18 luglio scorso, ma a causa del tatuaggio e dei social pieni di contenuti oscuri, ha scelto di scartarlo proprio all’ultimo istante. La notizia è stata data dal fighter russo, ma non è stata confermata dalla promotion americana.

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Questa è già la seconda volta in breve tempo, soprattutto da quando gli eventi sono stati trasferiti nell’isola di Yas, che UFC deve mettersi a trattare con questioni relative a potenziali lottatori neonazisti in entrata nei suoi roster. Era successo nemmeno un paio di settimane fa con il caso del tedesco Timo Feucht ed ora nuovamente la situazione si è presentata.

Sempre più complicata sta diventando, probabilmente per un periodo agitato che tutti stiamo vivendo, dai singoli individui ai gruppi sociali più articolati. Nell’impoverimento generale causato dalla pandemia, le fazioni confliggono ed emergono con facilità nuovi soggetti e problematiche che magari prima rimanevano nell’ombra e stentavano ad apparire.

Si spera che questi siano soltanto casi isolati e non delle allarmanti avvisaglie che possano aprire a un’ondata scomposta di estrema destra in tutti i rivoli della società, compreso nell’MMA. Che non sia una risposta a tutte le proteste relative alla Black Lives Matter, alla contrapposizione politico culturale a cui contribuisce la Cancel Culture, o alle naturali preoccupazioni sull’esistenza che molte persone si stanno giustamente ponendo, vista la situazione economica generale, in particolar modo quella degli USA.

Comincia ad essere antipatico, se non deprimente, che questioni sociopolitiche vadano ad inficiare le nostre bellissime arti marziali miste. Sono faccende che fanno ammalare la competizione e il godimento della disciplina, la incancreniscono, perciò basta, è deciso, siamo convenuti e non ci sono obiezioni al riguardo.

È tutta colpa sua, l’isola è maledetta.