WWE, Ronda Rousey attacca: “Servirebbero un sindacato e una pensione per i fighter!”
18 Aprile 2020 0 Di Riccardo ColellaRonda Rousey è senza dubbio tra le personalità di maggiore influenza che le MMA e gli sport da combattimento abbiano prodotto. Due ori, un bronzo e un argento ai Campionati Panamericani di judo; un secondo posto ai Mondiali di Rio del 2007 e una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Pechino, fanno da preambolo a una carriera stellare in UFC, dove l’ex campionessa Strikeforce asfalta letteralmente la divisione Pesi Gallo femminili, prima di passare in WWE.
Intervenuta nel podcast di Steve-O, “The Baddest Woman on the Planet” è parsa un fiume in piena analizzando le disparità di trattamento tra WWE e UFC.
“Credo che molto derivi dall’esperienza che una federazione matura nel corso degli anni. Più uno sport è radicato e più gli atleti hanno modo di unirsi e far fronte comune per poter avanzare richieste che tutelino i professionisti del settore. La WWE ha più esperienza in questo campo e, col tempo, ha avuto modo di studiare e incrementare meglio i programmi di sviluppo che portano gli stessi atleti ad allenarsi e a trascorrere gran parte della propria quotidianità, presso il Performance Center di Orlando. Lì gli atleti ricevono un vero stipendio e possono permettersi di usufruire, in maniera pressoché illimitata, di medici, fisioterapia e tutta quella roba lì… Da olimpionica io sarei felice di avere qualcosa del genere…”.
E partono i primi paragoni con la UFC.
“All’inizio la UFC non aveva nulla del genere. Hanno iniziato a muoversi pian piano e in maniera sconclusionata del tipo… Ok, da ora c’è una sorta di assicurazione medica. Prima era più come… Ok, sei coperto dagli infortuni fino a 60 giorni dall’incontro. Ora c’è qualcosa di simile a un’assicurazione”.
L’aver gareggiato in entrambe le federazioni, ha inoltre dato modo a Ronda di analizzare le disparità salariali tra le due organizzazioni.
“È vero che alcuni atleti di MMA sono pagati mediamente più di un Wrestler – negli eventi – ma non sono pagati in maniera costante…solo quando combattono. In WWE la situazione è migliore. Perché tutti gli atleti prendono uno stipendio…non è come la UFC che quando arrivi per un incontro, combatti, vieni pagato e stop. Qui gli atleti sono trattati come veri e propri dipendenti. Ed è molto più sicuro; perché se le persone si feriscono o si infortunano e non possono gareggiare per mesi e mesi, almeno hanno modo di assicurarsi le cure mediche necessarie per tornare a competere. La WWE fa del proprio meglio per non abbandonare gli atleti a se stessi e all’asciutto. Investono realmente nello sviluppo dei talenti e dedicano del tempo a costruirli e a farli crescere. Appena mettono sotto contratto qualcuno, questi prendono subito uno stipendio”.
Ronda ha poi affrontato la spinosa e annosa questione del divario salariale tra i top fighter di UFC, rispetto ai migliori pugili che, abitualmente, arrivano a guadagnare anche cinque o dieci volte in più rispetto ai colleghi delle MMA.
“Nel pugilato i migliori atleti guadagnano una quantità enorme di denaro, ma gli atleti di livello medio-basso nella boxe fanno la loro strada, molto meno di quelli UFC. Se stai cercando di sviluppare un pugile, allora dovrai portare il suo record sui 20 e qualcosa. A quel punto, la borsa di un suo manager non sarà mai inferiore ai 200.000 dollari. Nella UFC c’è più soddisfazione ad essere a quei livelli, ma se parliamo di alti livelli, allora i pugili fanno una quantità incredibile di denaro perché fanno anche promozioni. Promuovono sia loro stessi che l’intera promotion”.
Nelle parole della Rousey, poi, hanno trovato spazio anche le differenze sindacali tra gli sport da combattimento e i maggiori sport americani, dove prevale una forte componente sindacale.
“Gli atleti di UFC, WWE e boxe hanno bisogno di cooperare maggiormente, ma siamo ancora troppo uno sport individuale per puntare a dei movimenti di gruppo come avviene nel calcio o nel basket. Ma d’altronde si sa che è molto più semplice dividere le persone che tenerle unite… In questo modo è anche più difficile tenere uniti i sindacati e fare in modo che sia possibile ottenere riscontri adeguati e omogenei per tutti”.
Ronda ha poi puntato al sistema pensionistico Made in Usa, reo di non prestare le dovute attenzioni al mondo degli sport da combattimento.
“Credo che si parli di utopia e che ciò non potrà mai accadere; ma sarebbe bello poter vedere anche delle pensioni per gli atleti del nostro sport. Come già accade per la NBA, la NFL e i fottuti baseball e hockey…loro sono molto più avanti rispetto a noi. Questo sarebbe il mio sogno”.
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Info sull'autore
Giornalista ed infimo quanto discontinuo praticante di bjj, pugilato e muay thai. Scrivo di cinema e sport da combattimento quando non ascolto vinili. Il 23 settembre è uscito il mio libro "Professione Fenomeni".