Il dominio di MMA e boxe sta ‘uccidendo’ gli altri sport da combattimento?

Il dominio di MMA e boxe sta ‘uccidendo’ gli altri sport da combattimento?

25 Novembre 2020 0 Di Redazione

MMA – La boxe e le mixed martial arts sono senza alcun dubbio gli unici sport da combattimento a non aver mai risentito del momento dettato dalla pandemia da COVID-19. Sembrerà un’ovvietà, a fronte dei numerosi eventi svoltisi con diversi top fighter e figure di spicco in ambedue le discipline, incuranti del fatto che non vi fosse pubblico pagante tra gli spalti. Certo, i PPV venduti rappresentano comunque una fonte di introiti importanti, ma comunque complementare rispetto agli incassi dell’inglesissimo gate, o se preferite il più italiano “botteghino”.

Ciò nonostante, the show must go on a prescindere: i contratti televisivi ricchissimi sottoscritti tra le sigle più importanti degli sport in questione – basti pensare a UFC con ESPN o a DAZN con Golden Boy – impongono, di fatto, un proseguimento imperterrito della scaletta in virtù di palinsesti già stilati, complici vagonate di milioni già sganciati e carichi di merci trasmutati in penali qualora quanto pattuito non fosse rispettato. Ma forse, ciò non fa altro che confermarci come, di fatto, la pandemia non abbia cambiato nulla nelle dinamiche e negli equilibri tra i vari sport da combattimento. E non ci riferiamo alle positività di atleta X o fighter Y volutamente, considerato come le seguenti variabili possano essere considerati né più e né meno come infortuni, in fatto di reazione causa-effetto.

Sì perché anche prima della pandemia, purtroppo per le parti subenti coinvolte, il “dominio” delle MMA e della boxe su sport con tradizioni e radici ben piantate nella metà degli anni 70′ e nel pieno degli 80′, 90′ e 2000 come kickboxing e muay thai appare purtroppo evidente. E chi vi scrive questo pezzo fa questa riflessione con la morte nel cuore, memore (col senno del poi eh, non ero ancora nato o ero comunque troppo piccolo per sapere della loro esistenza) degli highlights meravigliosi offerti da gente come Andy Hug, Dennis Alexio – che qualcuno di voi ricorderà anche nelle vesti di Eric Sloane, fratello di Kurt Sloane AKA Jean-Claude Van Damme in Kickbocer del 1989 -, Benny Urquidez, Steve Vick e tanti altri.

Senza per forza andare a ripercorrere i fasti del K-1 World Max che fu, o di altri eventi altrettanto illustri, ci appare purtroppo evidente come il movimento della kick ed anche quello della thai stiano venendo eclissati progressivamente dalle grandi sigle e dai grandi campioni delle MMA e della boxe. Ciò che – non – sta accadendo con un Glory sempre più fermo, ad esempio, è figlio proprio di questa situazione. Bellator Kickboxing, di fatto, è e risulta essere un esperimento fermatosi da anni fuori dal suolo europeo, con consensi raccolti solo in Italia e da qualche altra parte d’Europa e con card realizzate, appunto, soltanto a quelle latitudini. Stesso discorso per la muay thai, con il solo Yokkao – ed in parte One Championship ma solo per il mercato asiatico – a fare da baluardo per una disciplina che vive ancora tantissimo di tanti praticanti tra i corsi delle palestre d’Italia, d’Europa e del mondo come, appunto, per la kickboxing?

Di fatto, al momento, l’unica alternativa per la kickboxing – nonché l’ultimo faro di speranza – sembra essere One Championship, che ha messo sotto contratto i migliori esponenti della disciplina (tra cui il nostro Giorgio Petrosyan) per provare a riportare la disciplina ai fasti di un tempo. Per la thai, invece, si sta attualmente concentrando quasi esclusivamente sul roster di atleti asiatici, complici anche le esplosioni di un paio di talenti molto interessanti.

Ciò nonostante, il gap di kickboxing e muay thai nei confronti di MMA e boxe sembra evidente. E se volete un esempio palese, ve lo facciamo subito: secondo voi, un campione di 10 persone tra praticanti degli sport da combattimento o semplici appassionati, conosce/sa più cose su Liam Harrison, Rodtang Jitmuangnon, Raymond Daniels e Tenshin Nasukawa o su Anthony Joshua, Tyson Fury, Deontay Wilder, Khabib Nurmagomedov, Conor McGregor e Israel Adesanya? Siate onesti con e verso voi stessi, e datevi una risposta quanto più sincera possibile.

E magari, anzi sicuramente non è nemmeno un problema di spettacolarità degli sport, essendo quella un parametro soggettivo – per dirvi, chi scrive questo articolo preferisce a tratti il k-1 alle MMA, e non ama per nulla la boxe -ma, forse, della concezione e della creazione dello spettacolo che c’è dietro, prima e dopo l’evento e della progressiva scomparsa di personaggi capaci di far presa sul pubblico. E questa cosa, purtroppo, sta rischiando di distruggere ciò che resta di questi sport in fatto di eventi professionistici. Tra l’altro, non vi è neanche una sorta di targeting per la creazione di una eccellenza di nicchia, come capita con il BJJ ed il grappling in generale: lì, nonostante i numeri degli eventi pro siano minori, si raccolgono comunque ottimi risultati grazie ad una fetta di pubblico in continua crescita che viene fidelizzata grazie ad eventi ricchi di input e novità come Polaris (che ha anche una formula a squadre), Submission Underground, Quintet e via discorrendo.

Guardate, inoltre ai casi di Gokhan Saki, Robin Van Roosmalen, Raymond Daniels, Joe Schilling, Gabriel Varga, Josh Jauncey: tutta gente che, chi più chi meno, si è dedicata o si dedicherà alle MMA – e che, soprattutto in alcuni casi, ha fatto o si prepara a compiere un salto/switch permanente – proprio per mancanza di stimoli o di eventi d’élite per nomi quali loro sono.

Ecco, proprio in virtù di ciò bisognerebbe ammirare e tentare di imitare, prima di un ulteriore passo verso un futuro ed inevitabile oblio, l’esempio delle MMA o della boxe piuttosto che evitarli come la peste o – peggio ancora – criticarli : business plan mirati, ricerca continua e conseguenti firme di accordi televisivi importanti – con conseguenti introiti mostruosi in fatto di sponsor – e, soprattutto, svezzamento e crescita progressiva dei propri talenti sia in ambito sportivo che, soprattutto, promozionale. Perché va bene, il trash talking potrà anche non piacere, ma oltre a tirare tantissimo di questi tempi ti permette di avere una copertura mediatica importante con conseguente cassa di risonanza mediatica anche da parte dei media generalisti.

Quindi, prima che tutto diventi una desolata landa arida, un cimitero degli elefanti, forse sarebbe il caso di seguire gli esempi di boxe ed MMA, prima che sport con tradizioni e radici importanti perdano definitivamente interesse e possibili spazi nel mondo degli sport professionistici.