Push it to the limit: Jorge Masvidal e la parabola del Cuban Jesus

Push it to the limit: Jorge Masvidal e la parabola del Cuban Jesus

22 Aprile 2021 0 Di Riccardo Colella

C’era una volta, tanto tempo fa…”. È così che iniziano le migliori favole. Quelle che partono dal punto più basso per arrivare diritte al lieto fine. Ebbene questa è una favola un po’ diversa. Anzi, è completamente diversa: è la parabola di quel ragazzo che, dai bassifondi di Miami, arrivò a competere nella più grande promotion di arti marziali miste al mondo. È la storia di Jorge Masvidal. È la parabola del Cuban Jesus.

Origini cubane da parte di padre e peruviane da parte di madre, a leggere la sua vita pare di scorrere le pagine della sceneggiatura scritta da Oliver Stone per Scarface, con in più un pizzico di Fight Club. Tutto inizia il 12 novembre del 1984, quando Masvidal nasce nella parte povera di Miami. La capitale della Florida, in quegli anni, è nel mezzo del braccio di ferro tra Cuba e USA e la situazione della famiglia Masvidal non è delle migliori.

Jorge Sr. si becca 18 anni di prigione per traffico internazionale di droga, e suo figlio, che porta lo stesso nome, dall’età di 4 anni trascorre tutta l’infanzia con la madre. A complicare le cose, ci si mette proprio l’ambiente in cui cresce il piccolo Masvidal, con la sua indole turbolenta che non tarda a manifestarsi.

Il ragazzo è un tipo che ama la boxe e il wrestling, ma è anche un gran piantagrane. È già stato sospeso dalla scuola diverse volte e non avendo un rendimento dei più brillanti, una borsa di studio per lo sport è da escludersi. Trascorre le giornate per le strade, finendo spesso coinvolto in risse da strada ed è proprio dopo una di queste che la sua vita prende una piega inaspettata.

All’età di 14 anni, Jorge subisce un duro pestaggio ad opera di un gruppo di ragazzi. Ne esce così malconcio che sua madre, arrivata di corsa in ospedale dopo essere stata chiamata dai medici, stenta a riconoscerlo per via delle tumefazioni che ha in volto. Non è tipo che molla la presa così facilmente e, in silenzio, inizia a covare la sua vendetta.

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La madre, però, proprio come quella di Tony Montana/Al Pacino in Scarface, tenta di riportarlo sulla corretta via. “Finirai come tuo padre”, continua a ripetergli. Jorge non capisce cosa intenda la madre. A quanto ne sa, il suo vecchio è via perché arruolato nell’esercito. Ma quando la verità viene a galla, il ragazzo vuole incontrarlo a ogni costo.

Quell’esperienza segnerà profondamente Jorge Masvidal e ne cambierà per sempre l’atteggiamento. “Se cercherai la tua vendetta, e continuerai su quella strada, finirai presto qui dentro. Come me. E ci resterai a lungo”. Sono le parole che suo padre gli dice da dietro il vetro della sala parlatorio.

È probabile che sulle mensole del salotto di Jorge Sr., il premio di Padre dell’Anno non ci finirà mai. Ma se la sua storia è riuscita a fare da guida al figlio, allora non è stata una vita sprecata. “Mio padre è riuscito dove altri hanno fallito” ha dichiarato il fighter di Miami. “Vederlo lì dentro, in prigione, ha avuto un grande impatto sulla mia vita”.

Tra i programmi di Jorge non c’è quello di finire in galera e allora inizia ad allenarsi più che può nel combattimento. “Fin da quando avevo 13/14 anni, ho sempre saputo quale sarebbe stata la mia strada. Volevo boxare ma amavo anche il wrestling. Ben presto, però, ho capito che avrei potuto essere competitivo solo in una di queste discipline”, dirà Masvidal in futuro. Se solo avesse saputo quel che la vita gli avrebbe riservato, da lì a qualche anno…

È un assolato pomeriggio del 2004. Jorge ha ormai 19 anni, continua ad allenarsi e nel frattempo sbarca il lunario lottando clandestinamente nei parcheggi e nei sobborghi della città. Qualcuno lo nota in palestra e gli fanno sapere che c’è un tizio che organizza incontri e che lo vorrebbe vedere all’opera. L’organizzatore è un afroamericano grande e grosso, pieno di catene d’oro al collo e con una folta barba nera. No, non è Mr. T. In zona lo conoscono come Kimbo Slice e vuole che sia Masvidal ad affrontare il suo protetto, un buttafuori di nome Ray.

Questo Ray è fisicamente più grosso di Masvidal, ma il fighter di Miami è un “cagnaccio”. Uno che non arretra mai e, morale della favola, alla fine della giornata Ray è andato KO e Jorge si ritrova in tasca un bel gruzzolo. Il rematch si chiude nello stesso e identico modo. La scena ha dell’incredibile: Davide che sconfigge Golia. Il video finisce in rete, le visualizzazioni diventano prima centinaia, poi migliaia, quindi decine di migliaia e via via salgono fino a superare la decina di milioni.

È il momento che Jorge aspettava. Le MMA entrano nella sua vita e le più grandi organizzazioni dell’epoca iniziano a notarlo. Si ritrova prima in Strikeforce e poi in Bellator. Da lì in avanti il passo è breve. Dana White gli sorride e si aprono le porte della UFC.

In realtà i primi tempi di Masvidal in UFC sono meno rosei del previsto e lui si ritrova a galleggiare fuori dai Top 10 del ranking. Anche perché, a dirla tutta, lo stesso Jorge alterna prestazioni positive ad altre meno intense. Nella vita, però, anche il fattore C è fondamentale e, per una serie di eventi fortuiti, Gamebred si trova ad affrontare Cowboy Cerrone. Il tempo di prendere le misure e il Cowboy si ritrova al tappeto. Match vinto per TKO e Masvidal scommette col gran capo: “Hey Dana, ho 200 bigliettoni! Lo trovi qualcuno che possa battermi?”.

A onor del vero, i successivi due match vedono Jorge Masvidal cadere contro Demian Maia e Stephen Thompson, anche se solamente ai punti. È però nel trittico seguente che il Cuban Jesus, così l’hanno soprannominato, demolisce letteralmente prima Darren Till, per ultimo Nate Diaz e, nel mezzo, spedisce Ben Askren nel mondo dei sogni, in meno tempo di quanto impieghi Bruce Buffer a urlare il suo “It’s Time”…

È il momento della verità. Dana White lo manda contro Kamaru Usman per il titolo dei welter, ma l’americano cede per decisione unanime, contro un campione ostico e troppo più preparato sul piano della lotta. Sabato ci sarà il rematch nel main event di UFC 261, in una card che sulla carta promette scintille.

Un’altra grande occasione per Gamebred di salire sul trono di categoria e mostrare a tutti di avercela fatta. “Push it to the limit – Spingi fino al limite”. Chi scrive quest’articolo ha la radicata consuetudine di riprendere la parte iniziale di un articolo.

E allora è la perfetta parabola di come dai quartieri malfamati di Miami, Jorge Masvidal sia arrivato a competere nella più grande promotion di MMA al mondo. E tra i suoi tifosi ci sarà quello che, forse più di tutti, ha contribuito a far di lui l’uomo e il fighter che è adesso. L’esempio non da seguire ma da cui trarre insegnamento. Tassello fondamentale, nella parabola del Cuban Jesus.