Israel Adesanya vs Alex Pereira, l’analisi tecnica (CON IMMAGINI ESPLICATIVE)
9 Novembre 2022 0 Di Giuseppe AlbiNella notte italiana fra sabato 12 e domenica 13 novembre andrà in scena l’attesissimo match valido per il titolo dei pesi medi UFC fra Israel Adesanya e Alex Pereira.
Una sfida che affonda le radici nel duplice confronto fra i due andato in scena tanti anni fa e che vide trionfare con due successi su due (uno addirittura per KO) Alex Pereira.
I due incontri, è bene ricordare, si svolsero sul campo della kickboxing. Da allora sono cambiate tante cose, comprese le carriere di entrambi nonché, ovviamente, lo scenario del prossimo scontro.
Kickboxing e MMA sono infatti due pianeti molto diversi e quindi le ipotesi su cosa potrebbe profilarsi nell’ottagono del Madison Square Garden di New York sono molteplici.
Ho cercato di analizzarne alcune, accompagnando il tutto con delle immagini esplicative che possano far capire meglio il contesto e le caratteristiche dei due atleti.
Il punto di partenza non può che essere il duplice confronto già andato in scena fra i due. È vero, abbiamo detto che kickboxing e MMA sono pianeti diversi, ma coincidono in alcuni punti significativi sul piano dello striking.
Entrambi gli atleti hanno modificato infatti il loro stile una volta completata la transizione nella nuova disciplina, soprattutto Israel Adesanya, ma alcuni tratti tecnici sono rimasti gli stessi.
Su tutti vanno citati il footwork e l’intenso volume di colpi di Adesanya. Mentre per Pereira la potenza (soprattutto con il braccio sinistro) e l’incredibile capacità di incassare.
Proprio quest’ultimo aspetto è uno dei più sottovalutati del brasiliano. Pereira infatti ha sempre dimostrato di essere un grande incassatore, come fatto vedere tra l’altro proprio nel secondo match contro Adesanya, quando è riuscito a mettere KO il suo avversario dopo aver subìto tanti colpi. Un elemento da non sottovalutare in vista della prossima sfida.
Ciò che rende pericoloso inoltre il brasiliano è la sua stance di combattimento che gli permette di eludere eventuali tentativi di takedown e di scagliare allo stesso tempo colpi improvvisi da traiettorie poco convenzionali.
La posizione di guardia di Pereira infatti è solitamente aperta, con le mani tenute più o meno all’altezza del petto.
Questo gli permette innanzitutto di controllare rapidamente in sprawl eventuali tentativi di takedown. Inoltre rappresenta una sorta di invito a colpirlo al viso. Una trappola nella quale sono caduti molti dei suoi avversari, i quali sono stati spesso colpiti di rimessa dopo una rapida schivata all’indietro o, con ancora più sorpresa, incrociati con il suo terribile sinistro scagliato da una posizione molto inusuale visto che parte dal basso.
Quella del counter striking però è una delle carte preferite anche di Israel Adesanya che ha fatto del tempismo e della reattività dei veri e propri marchi di fabbrica nel percorso che lo ha portato a diventare campione UFC.
Il tutto nasce da una posizione di guardia che sfrutta a pieno tutto il reach che madre natura gli ha gentilmente concesso.
Braccia e gambe lunghissime permettono infatti ad Adesanya di gestire la distanza dai suoi avversari piazzando ad esempio calci frontali che vengono usati più come transizioni per successivi attacchi che come reali minacce.
Allo stesso modo viene usato il jab, che assume invece la funzione di una sonda che gli permette di rimanere sempre a contatto con il proprio avversario sia per non essere colpito, sia per prendere la mira in vista di un futuro attacco.
Altro elemento molto interessante nello striking di Adesanya è l’uso sapiente degli angoli negli spostamenti.
Adesanya infatti sembra essere sempre al posto giusto, al momento giusto, ma il tutto è frutto di un footwork sublime che gli consente di tagliare gli angoli ai suoi avversari mandandoli completamente fuori focus. Allo stesso tempo, da una posizione migliore, è libero di colpirli causando spesso dei TKO.
Un chiaro esempio di come, pur essendo meno potente rispetto ad altri atleti della sua divisione di peso, riesca comunque ad infliggere danni ingenti poiché colpisce da una posizione dove i suoi avversari si ritrovano scoperti e quindi più vulnerabili.
L’esempio calzante di tutto questo è il TKO messo a referto contro Robert Whittaker nel loro primo match. Quello che sembra infatti uno scambio convulso è in realtà un superbo balletto di spostamenti dove Adesanya prima oscilla da una parte all’altra dell’ottagono e poi spedisce Whittaker in una direzione opposta a quella del combattimento (come si può vedere dalla freccia) per poi colpirlo, infine, dalla posizione dove era più scoperto.
L’ultimo elemento sul quale soffermarsi e che, a mio avviso, potrebbe realmente fare la differenza è il grappling di Adesanya.
Come tutti sappiamo il fighter di origini nigeriane non viene considerato un asso della lotta. In carriera non ha mai vinto per submission ma… non ha neppure mai perso per finalizzazione!
Ciò che Adesanya ha sviluppato negli anni infatti è la grande capacità di sfruttare la gabbia per non farsi portare a terra. Una tattica evidente emersa contro ottimi lottatori come Marvin Vettori, Robert Whittaker o Kelvin Gastelum.
Adesanya infatti, rifugiandosi a parete, riesce a contrastare i takedown facendo una base solidissima con l’apertura delle sue lunghe gambe e sfruttando allo stesso tempo la sua altezza per non farsi controllare sotto il mento dalla testa dell’avversario.
Il tutto è completato poi da un uso intelligente delle braccia, pronte a spingere verso il basso la postura del suo avversario (e a non permettere quindi l’elevazione) o a trovare la giusta “esgrima” per dominare la posizione.
Se il tutto non dovesse funzionare poi ha sviluppato anche un’ottima propensione a usare gomiti e schiena per scalare la parete di gabbia e riportarsi in posizione eretta.
Con queste skills viene facile pensare che, il modo migliore per portare a terra Adesanya sia quello di farlo al centro dell’ottagono. Peccato però che in pochi ci si siano riusciti e il motivo è da ricercare ovviamente al punto precedente, quello relativo alla sua capacità di gestire la distanza.
Questo per quanto riguarda il grappling difensivo, un tema come detto sempre sottovalutato nella valutazione di Adesanya. Stesso discorso vale per il suo grappling offensivo.
Naturalmente non stiamo parlando di uno specialista del wrestling o di una sofisticata macchina da sottomissioni ma, se pur non si può parlare proprio di grappling nell’accezione più pura, ciò che Adesanya fa nelle transizioni offensive votate alla lotta risulta comunque molto proficuo.
L’elemento chiave è quello del disturbo. Le prese di Adesanya, effettuate soprattutto in piedi e in pura azione di striking, sono perlopiù degli elementi atti a togliere l’attenzione da colpi successivi. L’afferrare un polso per poi portare una gomitata con lo stesso arto per esempio, o l’afferrare la testa per poi scagliare una ginocchiata in salto (elemento comune questo anche allo stile di Pereira).
Insomma, un dirty grappling in grado di infliggere ferite pesanti o, addirittura, portare alla fine dello scontro.
Gli sport da combattimento e in particolare le MMA non sono tuttavia scienze esatte e quindi le analisi risultano ovviamente un valido strumento per analizzare i match, ma non sempre trovano piena esecuzione nell’evolversi di uno scontro.
Per fortuna si dovrebbe aggiungere visto che, l’ultimo elemento con il quale si conclude questo speciale, è proprio quello legato all’imprevedibilità.
Entrambi i contendenti sono dotati di estrema fantasia e hanno dimostrato in tutta la loro carriera di essere in grado di chiudere un match in qualsiasi momento.
Sono soprattutto due (per ciascuno) tuttavia i fattori da tenere d’occhio nel loro prossimo incrocio.
Per Pereira sicuramente il primo è la già citata capacità di incassare, che gli permette di rimanere sempre lucido e pienamente confidence anche nelle fasi difficili. E poi, come secondo fattore, la mescolanza dei colpi.
Oltre al solito e ormai celebre gancio/diretto sinistro risolutore, Pereira dovrà sfruttare anche la sua incredibile varietà di esecuzione. Solo se il brasiliano riuscirà a piazzare infatti sequenze di tre o quattro colpi, mescolando pugni e calci, potrà aprirsi un varco in quella che viene considerata invece una delle chiavi tattiche del gameplan di Adesanya: l’elusività.
I movimenti di Adesanya, lo abbiamo detto, sono un aspetto fondante del suo stile, ma non si limitano al solo footwork. Il campione dei pesi medi UFC unisce infatti anche movimenti della testa e del tronco con posture surreali e schivate imprevedibili.
Nonostante sia molto alto Adesanya riesce a passare sotto i colpi dei suoi avversari inducendoli spesso all’errore ed espondendoli al suo proverbiale counter striking.
Ultimo elemento chiave per Adesanya, forse il più importante, è la gestione dell’ottagono.
Nei punti precedenti si è trattato di come The Last Stylebender sappia controllare la distanza con il suo allungo e di come sappia sopperire alle lacune nel grappling sfruttando la parete.
Se dovesse riuscire ad applicare questi princìpi anche contro Pereira e a controllare quindi l’ottagono rimanendo al centro della scena, allora potrebbe davvero creare diversi problemi al brasiliano.
Questo ovviamente sul piano tattico. Le analisi come detto servono ad arrivare preparati alla visione di un match e non a fare pronostici. A parlare infatti è sempre la gabbia e i protagonisti che vi si scontrano dentro.
Dunque non ci resta che attendere e vedere chi, dei due contendenti, riuscirà a conquistare la vittoria sfruttando magari proprio le caratteristiche descritte in queste righe.
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Info sull'autore
35 anni, Responsabile editoriale di TuttoMMA. La scrittura e gli sport da combattimento sono arti sublimi. Poter fondere entrambe è la mia più grande passione.