Carlo Pedersoli Jr: “Più testa nei prossimi match. Short notice sì, ma con criterio”

Carlo Pedersoli Jr: “Più testa nei prossimi match. Short notice sì, ma con criterio”

21 Aprile 2020 2 Di Riccardo Colella

Bellator – “Non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo”. Prendendo spunto da una delle frasi cult del mitico nonno (Bud Spencer, ndr), possiamo sintetizzare così la carriera di Carlo Pedersoli Jr. Fighter sotto contratto con Bellator MMA, è intervenuto in diretta sul profilo instagram di Alex Dandi.

La prima domanda è, per forza di cose, legata al discorso quarantena e alla “reclusione forzata” che tutti stiamo vivendo. Per un atleta questo può rappresentare un grosso problema:

Non smetto di allenarmi; anche in casa cerco di rimanere in forma. Con Borg ci sentiamo sempre, molto spesso. Mi da sempre tantissimi consigli e suggerimenti per come migliorare i miei allenamenti. Personalmente sto bene, anche se in uno stato di forma da “quarantena”…  Ma se avessi un match da fare entro un paio di mesi o un mese e mezzo al massimo, riuscirei a farmi trovare pronto. Senza problemi… E sono anche pronto per esordire. Sto lavorando molto col sacco, coi vuoti anche se non è facile. Si fa quel che si può e mangio bene per rimanere nel peso da gare. Ovviamente servono un paio di mesi o un mese e mezzo per colmare il gap con l’uscita dalla quarantena. Personalmente sono sempre in uno stato di forma buono, ma un periodo di sprint per riprendere il fiato serve. Abbiamo pensato che, se si dovesse uscire da Maggio, con una giusta preparazione potrei combattere a Luglio e poi a Ottobre a Bellator Milano. Ma la vedo dura… perché secondo me non ne usciremo presto. Ma sì, la situazione ideale sarebbe quella di combattere per Agosto e poi a Ottobre. D’altronde non mi hanno fatto combattere finora che c’era tempo… non vedo perché dovrebbero farmi combattere appena usciti dalla quarantena… (ride)”.

Secondo le recenti dichiarazioni del vice-president di Bellator, Boccotti, la promotion di Chicago pare voler puntare forte sul nostro fighter:

“Io credo che un po’ in tutto, ma soprattutto in questo sport, dipenda sempre da come vanno i match. Devo fare un esordio col botto… prepotente e da campione… e far capire subito chi sono e mettere in chiaro come combatto; il mio stile. Entrerò per portare a casa il risultato. E farò il possibile per vincere. Si vedrà un atleta diverso da quello che combatteva in UFC… perché sarò più concreto… cercherò di vincere e basta. Qui, se vinci vai avanti… se perdi torni indietro. Quindi l’obiettivo deve essere quello di vincere più match possibili e scalare le classifiche. In Bellator, a differenza della UFC, c’è una politica diversa. Ti offrono occasioni… basti guardare “Venom” Page Vs Melillo. Gianni ha preso l’occasione e se l’è giocata. In Bellator è così… ti danno le occasioni, e se le riesci a sfruttare, puoi fare grandi cose”.

Carlo è sempre stato un atleta che non ha mai disdegnato di combattere in short notice, nel bene o nel male:

“Ho sempre detto di voler fare “guerre” in UFC. Vado lì con spada e scudo… Non vado lì per costruirmi la carriera ecc… Forse è un mio difetto, ma sono un fighter senza troppe paure… sono molto tranquillo quando accetto un match. Anche quando mi hanno proposto Oliveira, ho detto subito sì. Poi ci pensi e dici: “ma che sto facendo?”. Però è quello che mi fa andare avanti nella vita e in questo sport. Poi ovviamente ho imparato dai miei errori; e ad oggi, accettare un Oliveira con un mese di preavviso o un Venom Page o Douglas Lima o un Top 10 con un tre o quattro settimane di preparazione… ti dico di no. Però se mi dai due mesi di preparazione, un match medio-difficile lo accetto. Pian piano voglio fare la mia carriera. Non esordendo con Oliveira o Page; ma step by step. Lemminger era perfetto. Perché sono arrivato ora e ho fatto i miei errori in UFC e devo con calma costruire tutto. Ma in futuro mi piacerebbe affrontarli. Anche in UFC, ho pensato di andare subito contro Oliveira, sperando che fosse una scelta apprezzata. Invece non cambia nulla. Accetto un match, una settimana prima, contro Scott… mi dico che sarà apprezzata come scelta. E in vece no… Non cambia nulla. In UFC ci sono occasioni che a volte bisogna saper accettare e altre no. In quel periodo avevo vinto, stavo in forma e mi sentivo un Dio…tornando indietro lo accetterei altre cinquanta volte il match. Ma non è andata così”.

Carlo è uno dei fighter italiani più apprezzati e con uno stile tutto suo, ben codificato. Tuttavia il pubblico può essere davvero feroce:

Le mie due sconfitte sono stati errori che ho pagato troppo caro. Però, sono stati la conseguenza di un colpo che ho fatto, quasi da KO, contro Dalby. Quel match è stato talmente acceso, che ha mostrato il meglio di me, ma ha anche dato modo, agli avversari, di potermi studiare. Oliveira mi ha studiato… quel calcio che ha bloccato, non lo blocchi… così. Lo blocchi perché ti sei preparato e hai studiato i miei calci e ha trovato le giuste contromisure. Con Grant, invece, è andata in maniera totalmente diversa. Ho tirato troppi calci… ma l’ho fatto con cognizione. La strategia era quella: colpire molto al corpo e poi andare sopra coi calci. Se guardate la prima parte del round, lui ha preso molti colpi. Io pensavo: “ora lo metto KO”. Avevo la giusta distanza… paradossalmente ho pagato quella sicurezza. Perché quando entri in quella dinamica… quando ti senti troppo padrone del match, è quello il momento in cui cala l’attenzione e cala la guardia. A cinque secondi dalla fine, quel calcio avrei dovuto evitarlo… Ma ho pagato carissimo un errore commesso in tutto il round. Ma ci sta in questo sport. Farò comunque tesoro dei miei errori, senza modificare troppo il mio stile. Il calcio girato, l’high kick… lo stile sarà sempre quello, ma cambieranno i dettagli… che faranno poi la differenza”.

L’head coach di Carlo è Lorenzo Borgomeo. Il suo apporto nella crescita di Carlo è innegabile:

“La cosa bella di Borg è che lui ha un complimenti e dieci insulti (ride). Ti fa dieci critiche e un complimento… ed è la cosa giusta… perché prima di dirti che sei un fenomeno, ti fa notare tutti gli aspetti su cui devi migliorare. Noi abbiamo legato tantissimo, già dai tempi del White Lotus. E lì, se un coach non ti vuole bene, non ti da tutte quelle attenzioni che poi ti cambiano la vita. Con lui è cambiato tantissimo… perché io sono uscito dalla mia vecchia palestra che avevo un record di 5-1… e in cinque mesi abbiamo fatto quattro o cinque match… Con lui c’è stato modo di esprimermi e sono migliorato tantissimo”.

Il mondo delle MMA non perdona. E le negatività sono sempre dietro l’angolo:

“Devo dire la verità. Sì, qualche volta ho pensato di smettere, soprattutto dopo le sconfitte. Ma ho sempre voluto fare questo… finché riuscirò. Voglio, però, avere anche un piano B. Non voglio trovarmi nell’incertezza una volta finito tutto questo. Voglio costruirmi un futuro per il post-fighting. Magari anche insegnare o aprire una palestra eh… ma un qualcosa di concreto e che possa darmi un futuro, al pari di quello che ho ora”.

Parlando di piano B, la memoria va inevitabilmente alla mai troppo celebrata figura del nonno di Carlo, e in seguito alla sua famiglia:

“Sarebbe bello, ma non vorrei diventare la sua brutta copia… quando diventi una leggenda, è difficile poi stare al passo e seguirne le orme… Però sì, ammetto che lavorare nel cinema, con parti su misura, non mi dispiacerebbe. La mia famiglia e le MMA? Mio padre all’inizio lo prendeva come un gioco, un po’ a favore e un po’ contro. Poi ha visto il primo match da semi-pro e ha capito che dovevo fare quello. Poi lui comunque ragiona in tutt’altro modo. Si allenava di pugilato ma non ha mai pensato di combattere. Ora si è appassionato tantissimo. Mia madre invece non ne vuole sapere. Non vuole vedere i miei match e vuole sapere solo quando vinco (ride). Ma è difficile anche per un fratello o un amico…”.

Carlo si allena al Gloria Fight Center di Roma, non disdegnando, però, delle esperienze all’estero:

La mia esperienza all’estero più importante è sicuramente quella in Giappone. Lì ho trovato la mia via… perché prima ero un grappler e stop. Era il 2015 o il 2016… Dopo una sconfitta  andai in Giappone e lì sono migliorato in un modo incredibile… perché i dettagli che curano, soprattutto a terra, lì… sono di alto livello. Spiegavano tutto al meglio e ho imparato molti trick e strategie che mi hanno fatto crescere tantissimo… alcuni lavori sulla kimura e tanto altro. Ma io volevo proprio combattere in Giappone… sono proprio appassionato. Tutto parte dal Pride e da quelle cose lì… sono appassionato di samurai, la loro filosofia… tatuaggi. Mi sento come se fossi originario di lì. È una fissa che si è sviluppata col tempo. Verso i 17/18 anni mi sono appassionato tantissimo alla filosofia giapponese, ai libri…”.

C’è spazio per delle domande dei vari followers:

Il mio peso forma, fuori match, è di 85 Kg e voglio stare a questo peso per scelta. Ho anche pensato di gareggiare nei leggeri… perché mi sento quasi più un peso leggero che un welter. Vedi Usman… io non ho la sua massa, ma per esempio Woodley, lui è gigantesco ma è basso. Io sono 1,81 x 77 Kg… teoricamente perfetto. Ma potrei fare i 70 Kg come struttura. Ma anche a 77 Kg non ho mai avuto problemi di forza, fiato o prestazioni. Mi trovo bene e faccio questo peso. A 70 Kg avrei bei problemi col taglio del peso. Ora ne taglio 5 o 6 e mi pesa… non voglio stravolgere il recupero post taglio e fare un match brutto. Col taglio, gli atleti non sempre riescono a dare il massimo… guarda Darren Till. L’ho visto in prima persona quando tagliava per il main event di quando affrontai Scott. Ed era irriconoscibile…Tagliava il peso e vaneggiava perché vedeva hamburger ovunque (ride)… non era campione nella testa. Un campione professionista non può avere quei pensieri a 24 ore dal match”.

Carlo analizza anche la possibilità di affrontare dei camp all’estero:

Secondo me ci si può allenare bene anche in Italia. Devi fare il grosso del lavoro qui, col team di casa tua, col tuo team… il preparatore, l’allenatore, il nutrizionista e le persone che ti vogliono bene e credono nel tuo progetto. Io non voglio stravolgere la mia vita e trasferirmi negli USA: vivo qui, sogno di avere una famiglia qui. Ho tutta una serie di persone che hanno investito qui, su di me e voglio vincere con loro. Detto ciò, sono favorevole a fare dei camp fuori… anche perché mi piace viaggiare e studiare fuori. Perché fuori comunque hanno livelli molto alti. Ben vengano i camp all’estero”.

Si torna a parlare del suo ultimo match:

Stop troppo frettoloso… Si e no… non è stata colpa di Goddard. Lui a volte ferma troppo presto e altre volte, troppo tardi. Nessuno è perfetto… credo di aver avuto sfortuna. Avessi tirato il calcio due secondi dopo, non sarebbe successo nulla, perché sarebbe finito il round. Sono caduto di testa ma ero lucido. Non è stato mostrato da UFC perché sono furbi e non te lo fanno vedere… ma io ho parlato con Goddard e cercavo di fargli capire che c’ero… che ero lucido e presente. Diciamo che ho ha guardato al tempo e ha pensato alla salute dell’atleta. Me l’ha confermato anche in albergo, più tardi… “I don’t give a f**k about time”… Ragionando nella sua ottica, posso capirlo. Ma è pur vero che, spesso, la postura di un fighter è terribile… ma poi quello si sveglia e vince il match. Guarda il match con Scott: l’ho vinto dopo essere andato quasi KO… ho preso un pugno e ho visto nero… ma mi sono rialzato. Contro Oliveira, quando ho preso la gamba e mi ha preso con un montante. Dopo quel montante io non ricordo più nulla… Ci stavo, gli occhi erano vivi ma ero KO. Ma capisco che un arbitro possa non notarla questa cosa. Contro Grant, invece, stavo benissimo. Come se non avessi fatto nulla… il colpo non è stato così forte come si vede… Non ricordo il dolore… mentre invece con Oliveira si… Dopo Grant era come se non avessi combattuto”.

Gli viene domandato come immaginerebbe un ipotetico match contro “Venom” Page:

Sarebbe un match tosto… difficilissimo da combattere. Non penso sia male a terra… lui sa sicuramente dire la sua anche a terra. Cercherei di chiudere la distanza e di sporcare un po’ il match, lavorando a parete. Abbiamo caratteristiche simili, nonostante lui sia più lungo, flessibile e veloce… io forse sono più variegato come stile… ho diverse soluzioni: a terra, alle gambe. Ma ora come ora andiamoci piano… Ha troppa esperienza rispetto a me. Pensando al presente, Lemminger che era il mio avversario, era sicuramente battibile. Lui veniva da una bella striscia… 10-1 ma non ha mai affrontato match nelle promotion dove ho combattuto io. Io quando ho esordito in UFC avevo un 11-1 e i match erano graduali… un match sicuramente alla portata. Grosso, preparato fisicamente ma battibile”.

Pensando invece a chi vorrebbe affrontare:

“Ho saputo che Ross Houston ha firmato ma siamo amici… ma sarebbe interessante e lo conosco bene. Ma ci sono anche altri atleti che vengono da UFC… uno è un karateka: Oliver Enkamp. Lì verrebbe fuori un bel match. Sarebbero begli incontri entrambi… Come veterano, invece, mi piacerebbe tantissimo Eric Silva. Ma anche Paul Daley… atleta ostico con 40 vittorie all’attivo… Tantissima esperienza, ma in futuro perché no. Vorrei fare tre match di “assestamento”… tosti ma alla portata, e poi punterei in alto. Per quanto riguarda i fighter italiani, invece… Giorgio Pietrini è un ragazzo d’oro e mi ha fatto un’ottima impressione. Sarebbe un bellissimo match… ma anche con Paternò che è molto bravo. Lui è cresciuto tantissimo nell’ultimo periodo, soprattutto ha trovato la sua dimensione nella preparazione atletica. È anche molto forte fisicamente. Sinceramente se mi proponessero un match contro di loro, in Italia… non mi farebbe troppo gola. Perché credo che gli italiani vogliano vedere i propri atleti che combattono nel mondo e portano alta la bandiera dell’Italia. Puoi farlo a fine carriera… ma ora, a 26/27 anni non ha granché senso. Certo che se ci giocassimo una title shot, allora il discorso cambierebbe… Giorgio, poi, in questo momento si sta anche riprendendo dallo stafilococco…”.

Palla al balzo, e si passa a ragionare la delicata situazione sanitaria del momento:

“La questione dello stafilococco, per esempio, era un qualcosa che non esisteva in Italia. Io lo presi da un atleta dal Daghestan… ce l’aveva sulla gamba e noi non sapevamo nemmeno cosa fosse… e ce lo siamo preso tutti. Ora è diventata una cosa comune… Borg e il suo entourage hanno comprato tantissimi flaconi enormi di sapone antimicotico… quello è un modo di combatterlo.  Perché combatti le infezioni e i batteri. Sul fronte Covid-19, invece, credo che cambierà tantissimo. Sia a livello personale che nell’insieme… Se prima era normale abbracciare un amico quando lo incontravi, ora non si farà più. Cambieremo molto sotto questo aspetto… ma anche nel combattimento. Spero si possa tornare presto alla normalità, anche perché io sono uno molto affettuoso, all’italiana (ride)…”.