Francis Ngannou, il cuore e la passione prima dei pugni

Francis Ngannou, il cuore e la passione prima dei pugni

25 Marzo 2021 2 Di Riccardo Colella

Quando ho iniziato non avevo nulla. Nulla. Avevo bisogno di tutto. Se volevo scrivere, non avevo una penna. Se volevo studiare, non avevo i libri. Ma quando inizi a guadagnare, inizi anche a collezionare cose: voglio questo, voglio quest’altro. Il tuo obiettivo, però, non deve essere possedere delle cose. Devi puntare a fare qualcosa di grande. Raggiungere quell’obiettivo per cui tutto è iniziato!”.

Questa è una storia di redenzione e di rivalsa verso una vita che può portarti a nascere nella “parte sbagliata del mondo”. Dove la speranza – ammesso che ci sia – è una e una soltanto: emergere e diventare il migliore di tutti. È quel sogno americano, che americano non è; e che se fosse la sceneggiatura di un film, sarebbe una miscellanea tra Rocky e Lionheart. Ma signori: questo non è un film. È la storia di “The Predator”. È la storia di Francis Ngannou.

Francis nasce a Batié; una cittadina situata nella regione ovest del Camerun. A Batié le cose non sono semplicissime e il giovane Ngannou cresce nella più assoluta povertà, tanto che per poter aiutare economicamente la propria famiglia, ad appena 12 anni inizia a lavorare in una cava di sabbia. Non ha ancora 18 anni ma è già dotato di un fisico imponente e massiccio. Viene quindi avvicinato da alcuni esponenti di una gang giovanile della regione che sarebbero ben contenti di averlo tra le proprie fila.

Piccola precisazione: il Camerun ha un sistema giudiziario unificato sia per gli adulti che per i minori. E nelle prigioni camerunensi si trovano detenuti di tutte le età. Lì, la delinquenza adolescenziale è una piaga davvero devastante e le gang giovanili non somigliano affatto a comitive di ragazzotti col cellulare e che scimmiottano le movenze dei rapper della West Coast americana.

L’infanzia di Francis è davvero dura ma lui sogna in grande e il Camerun gli va stretto. A 26 anni e senza soldi in tasca intraprende un lungo viaggio che lo porterà fino in Francia, per le strade di  Parigi, alla ricerca della sua occasione. Le vie della “Ville lumière”, però, possono essere quanto di più ostile per uno sprovveduto. E la “Vie en rose” cantata da Edith Piaf è solo un miraggio.

Nel suo primo anno parigino, Ngannou vive e dorme per strada e senza conoscere nessuno. Per sopravvivere, trova un piccolo impiego presso la “La Chorba food aid assocciation”: associazione umanitaria che si occupa, tra le altre cose, di preparare e distribuire più di 900 pasti al giorno alle famiglie disagiate di Parigi. Francis, però, non è né un cuoco né un maître sommelier…e allora gli viene chiesto di dare una mano in cucina come meglio può e di limitarsi a tagliare i vegetali.

Altro piccolo inciso: quando il giovane Ngannou compie 6 anni, i genitori divorziano e lui viene mandato a vivere con la zia. I rapporti col padre non sono granché buoni e Francis vuole prendere le distanze dalla figura paterna. Trascorre le sue giornate facendo a pugni coi tanti ragazzi già ospiti in quella casa, per dimostrare chi tra loro sia il più forte.

Proprio dal padre, che si guadagna da vivere combattendo per la strada, Francis erediterà la propensione al pugilato. La boxe lo accompagna fin dalla giovinezza ed anche a Parigi, le cose non vanno diversamente. Ngannou viene notato dal presidente de “la Chorba” che, impressionato dalla sua energia e dalla sua incredibile prestanza fisica, gli presenta Fernand Lopez, l’head coach di MMA Factory. È l’incontro che gli cambierà la vita.

Dopo il primo allenamento, Lopez rimane letteralmente folgorato dalla sua intelligenza tattica, velocità e forza fisica. Gli chiede di andare a casa e prendere la sua roba, perché vuole a tutti i costi che si alleni nella sua palestra. Ma Francis una casa non ce l’ha e Lopez gli offre un posto per dormire e allenamenti gratuiti.

Quel giorno in palestra c’era una rete televisiva locale; stanno girando un documentario sulle giovani promesse del pugilato. Il cameramen si focalizza tutto il giorno su Ngannou ma lui è frastornato e non capisce il perché di tutta quell’attenzione. Le parole di Fernand, invece, suonano premonitrici come non mai: “Di questo ragazzo ne sentirete parlare. Un giorno sarà un Campione”.

Ngannou si allena sempre più intensamente sotto l’attenta guida di Didier Carmont. Quest’ultimo si appassiona così tanto alla sua storia da prenderlo sotto la propria ala protettrice, aiutandolo in una migliore gestione della propria vita e assistendolo nell’acquisto della sua prima vera abitazione.

Tra i tre nasce una sincera amicizia e Francis scopre una realtà del tutto diversa da quella vissuta in strada fino a quel momento. Il suo mito è Mike Tyson: anche lui nero, anche lui proveniente dalla strada, anche lui desideroso di vincere e incredibilmente potente. E l’obiettivo del suo allenatore è proprio quello di incanalare tutta quella potenza e sfruttarla al meglio. Le MMA sono quanto di meglio possa capitargli.

Nel 2013 fa il suo primo ingresso nell’ottagono e il suo impatto nel mondo delle MMA ha qualcosa di incredibile. Tralasciando la prima débâcle della sua carriera, arrivata peraltro ai punti, Ngannou è un rullo compressore che travolge qualsiasi cosa gli si pari difronte. Le porte di UFC si spalancano e Francis mette in riga Henrique, Curtis Blaydes, Mihajlovic e Anthony Hamilton.

Quei pugni fanno paura e arrivano i primi nomi caldi della division: sotto i suoi colpi cadono l’ex campione mondiale pesi massimi Andrei Arlovski e soprattutto Alistair Overeem, vittima suo malgrado di uno dei KO più brutali di sempre.

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Ngannou è un treno inarrestabile e ottiene la chance titolata. Di fronte, però, si trova una vecchia volpe come Stipe Miocic: croato, vigile del fuoco a tempo debito, campione del mondo e, soprattutto, atleta dall’intelligenza fuori dal comune. Francis è ancora poco esperto e fallisce l’assalto al titolo. L’hype attorno al suo nome subisce una significativa battuta d’arresto, ma lui non si scompone e affronta Derrick Lewis.

Entrambi sono dotati di un fenomenale KO Power e il risultato è un match che non verrà ricordato nella Top 3 di tutti i tempi, ma nella classifica dei più brutti mai visti. Il vagone Ngannou deraglia e si fanno sotto tanti avversari, decisi a demolire il mito dell’uomo venuto dal nulla. Francis si rimbocca le maniche e lavora sodo.

I seguenti quattro match sono da antologia: in complessivi 162”, Francis affronta e letteralmente demolisce Curtis Blaydes (nel loro rematch), Cain Velasquez (al suo ritorno nell’ottagono), Junior Dos Santos e Jairzinho Rozenstruik, nella prima card della trilogia di Jacksonville. I tempi sono maturi per un nuovo match titolato.

Ma anche ora che il successo è arrivato e la grande chance è lì, ad un passo, Francis non è cambiato. Continua a salutare tutte le persone bisognose che incontra e a stringer loro la mano e, nel tempo libero, continua addirittura ad aiutare in cucina. E se qualcuno non ha abbastanza soldi per mangiare, lui glieli offre, senza farsi vedere. Perché la sua più grande qualità, al di là dello sport e del suo pugno devastante, è il cuore. Così è emblematico quello che i suoi amici dicono di lui: “Se tu gli offri un piatto di cibo, lui lo finirà sempre. Perché sa bene che, al mondo, ci sono persone sfortunate che non ne hanno. È un ragazzo di grandissimi valori morali”.

Una frase semplice, forse retorica, ma che descrive bene l’uomo Ngannou e i principi che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Ma adesso ci siamo: Ngannou tenterà per la seconda volta l’assalto alla cintura, e lo farà affrontando nuovamente Stipe Miocic nel main event di UFC 260, il prossimo 27 marzo.

L’hype è ai massimi livelli. Riuscirà Ngannou a far esplodere la sua incontenibile forza fisica? E Miocic avrà modo di gestire un match intelligente e attento come accaduto in passato? Il tempo è galantuomo e a noi non resta che aspettare. La sensazione è che prima o poi Francis riuscirà a prendersi quella cintura. Forse non al prossimo match e forse nemmeno al seguente. Ma, prima o poi, su quel trono ci salirà.

Poi, però, tirarlo giù da lì sarà davvero difficile. Perché uno con quelle mani, nonostante tecnicamente sgraziato e decisamente poco tecnico, non lo butti giù facilmente. E allora sarà davvero difficile per tutti.