UFC Las Vegas, le pagelle: 9 a Burns e Roberts. L’irriconoscibile Woodley si becca un 3

UFC Las Vegas, le pagelle: 9 a Burns e Roberts. L’irriconoscibile Woodley si becca un 3

31 Maggio 2020 4 Di Giuseppe Albi

UFC – Se ne va in archivio un altro evento UFC e anche questa volta non è mancato lo spettacolo.

Diversi atleti si sono messi in luce confermando il proprio talento. Altri invece sono finiti dietro la lavagna a causa di prove assolutamente inconsistenti. Facciamo dunque il punto su quanto successo all’UFC Apex di Las Vegas con le nostre consuete pagelle.

La main card si è aperta sotto il segno di Mackenzie Dern che è tornata ad incantare tutti non solo per la sua disarmante bellezza, ma anche per le sue capacità lottatorie. La brasiliana si è messa alle spalle l’ultima sconfitta con Amanda Ribas che aveva minato la sua ascesa imponendosi nel primo round contro una dura come Hannah Cifers. Un successo arrivato grazie ad una spettacolare kneebar che le ha permesso di riaccendere l’hype intorno al suo nome e stabilire il record di prima donna nella storia UFC a vincere con una leva alle gambe. Voto 5 per la confusionaria brawler Cifers, voto 7 per Mackenzie Dern.

Continuando la nostra rassegna dei match e passando a quello successivo nella scaletta, ci concediamo una leggera ma meritatissima digressione su un nome destinato a scalare le gerarchie nei pesi leggeri: Roosevelt Roberts. Questo 26enne sbucato da Lathrop, California, ci ha letteralmente folgorato per la sua poliedricità nell’ottagono. Trovatosi di fronte un avversario spigoloso come Brok Weaver, “The Predator”, questo il suo soprannome, ha risposto sciorinando una sicurezza altezzosa fatta di uno striking fantasioso, di un controllo a parete da manuale e di un’ottima abilità nella lotta a terra. Proprio quest’ultima skill gli ha permesso di aggiudicarsi la vittoria con una velenosa transizione offensiva poi tramutata in una mataleao che non ha lasciato scampo a Weaver. I voti? 5 per Weaver e un bel 9 per Roberts con tanto di nota di merito con su scritto: “Hey fans UFC, tenetemi d’occhio perché con me vi divertirete”.

Dopo le prime due sfide molto divertenti la nostra carrellata prosegue con Billy Quarantillo vs Spike Carlyle, un match assolutamente pazzesco. Il merito va soprattutto allo scatenato Carlyle che si è presentato all’incontro con una matrice d’irruenza per metà alla Masvidal e per metà alla Joker di Batman. Sin dal pronti via il buon “Alpha Ginger” ci ha regalato momenti di pura follia. Uno stile pericoloso per gli altri, ma anche per se stesso, visto che alla lunga ha rivelato sfumature lunatiche in grado di decidere a sfavore un incontro, come stava per succedere sul finire del primo round quando dopo un autentico dominio ha deciso inspiegabilmente di dare le spalle al suo avversario beccandosi un gancio in pieno volto. In UFC questi blackout e l’eccessiva foga spesso si pagano e così Quarantillo, con pazienza e tecnica, è riuscito a sopravvivere alla tempesta iniziale e a risalire la china soprattutto nell’ultimo round, quello decisivo per la conquista della vittoria per decisione unanime. Morale della favola: trovatevi qualcuno nella vita che vi ami con la stesso entusiasmo con cui Carlyle ama quello che fa, ma che abbia anche un minimo di testa in più come Quarantillo. Affibiamo quindi un 7 al primo perché la follia va sempre premiata e un 8 pieno al secondo per il sangue freddo e il pragmatismo dimostrato.

Match dopo match siamo arrivati con il nostro registro elettronico ai piani alti. Nel co-main event Augusto Sakai e Blagoy Ivanov hanno messo in scena il classico copione previsto alla vigilia per un matchup del genere. Colpi pesanti, grande equilibrio e ko che sembrava sempre dietro l’angolo ma che non è mai arrivato. A vincere sono state soprattutto le mascelle di entrambi, ma negli archivi rimarrà la “W” per Sakai che è riuscito a spuntarla per split decision in un verdetto che poteva andare benissimo da una parte o dall’altra. Il nostro voto questa volta non può che essere congiunto per entrambi: un 6 striminzito, con la speranza che nelle prossime verifiche questi due ragazzoni studino di più.

Ed ora, come direbbe Bruce Buffer: IT’S TIME! Il main event è stato da una parte un trionfo, dall’altra un’agonia. In fondo, potreste obiettare, nella maggior parte dei match succede proprio questo. Ma quando si assiste allo sprofondare negli abissi di un campione è sempre un po’ diverso, concedetecelo. E’ quanto è accaduto in sostanza a Tyron Woodley, il quale era chiamato alla prova del nove nel suo match di rientro dopo la sconfitta che gli era costata la cintura contro Kamaru Usman. Un Woodley irriconoscibile che si è eclissato round dopo round perdendo convinzione e quella sua aura distruttrice che si era abbattuta in passato su avversari come Carlos Condit, Robbie Lawler, Stephen Thompson, Demian Maia e Darren Till.

Non sappiamo quanto sia stata la testa di Woodley a non aver funzionato o quanto sia stata la performance di Gilbert Burns a incidere. Di certo quello che abbiamo visto è che il brasiliano ha dimostrato sicuramente tutto il suo stato di forma e, soprattutto, la sua crescita esponenziale in tutti gli aspetti del combattimento. Un fighter eccezionale “Durinho”, non solo per il suo proverbiale jiu jitsu, ma anche per la sua capacità di soverchiare il carattere monodimensionale che accompagna da sempre i lottatori di bjj quando passano alle mma. Burns invece ha fatto vedere di essere in grado di scambiare in piedi contro uno spauracchio dello striking come Woodley colpendolo con violenza nel primo round e indirizzando subito il match dalla sua parte. Il resto è stato un dominio totale che ha oscurato (forse definitivamente) la stella dell’ex campione e acceso la sua nel firmamento dei pesi welter. Voto 3 per Woodley. Voto 9 per Burns con tanto di messaggio per Kamaru Usman: “Hey Nigerian Nightmare, Durinho is coming!“.