UFC on ESPN 14, le pagelle: Whittaker vince ma non convince. Chimaev scrive la storia
26 Luglio 2020 5 Di Giuseppe AlbiUFC – Si abbassa il sipario sull’ultimo evento di luglio in programma a Fight Island e anche questa volta non può mancare il nostro consueto appuntamento con l’analisi di tutto quello che è successo.
Probabilmente i fuochi d’artificio che hanno infiammato l’ultima card hanno lasciato delle aspettative importanti. Ve lo diciamo quindi in anticipo: i voti questa volta non saranno molto alti nemmeno per i vincitori. L’unica eccezione però la facciamo per quello che si presenta come uno dei più seri candidati al ruolo di futuro crack del pianeta UFC: Khamzat Chimaev.
Il 26enne di origine cecena ha aperto la main card scrivendo un nuovo capitolo di storia. In UFC mai nessuno aveva preso parte a due match a distanza di dieci giorni e, soprattutto, mai nessuno era riuscito a vincere due match in così poco lasso di tempo. Dopo John Phillips, sottomesso con una Brabo Choke lo scorso 15 luglio, questa volta a farne le spese è stato Rhys McKee, letteralmente surclassato nel primo round da quella macchina da ground and pound che risponde al nome di Khamzat Chimaev. Un’opera di demolizione che non ha lasciato scampo al suo avversario il quale non è riuscito a sferrare nemmeno un singolo colpo. Davvero pazzesco. Siamo costretti non a caso a sdoganare il nostro primo N.C. (non classificabile) per manifesta inferiorità da parte del povero McKee. Voto 8 invece per Chimaev, il nuovo spauracchio dei pesi welter.
HISTORY! 📝 @KChimaev holds the quickest turnaround between wins in modern UFC history.#InAbuDhabi | @VisitAbuDhabi | #UFCFightIsland3 pic.twitter.com/74EaMogvNt
— UFC (@ufc) July 26, 2020
Nel match successivo Alex Oliveira e Peter Sobotta hanno dato vita ad un dibattito marziale con pochi acuti. Tre round sostanzialmente senza infamia e senza lode dove l’unico a provarci con più insistenza è sembrato Oliveira, il quale è riuscito a piazzare anche un knockdown nella seconda ripresa. Un verdetto di vittoria per decisione unanime che vale solo sufficienza per il brasiliano. Voto 6 dunque per lui. Un 4 invece per l’inconsistente Sobotta, con tanto di rammarico di tutto il pubblico italiano per il match saltato lo scorso anno a UFC Copenaghen contro il nostro Alessio Di Chirico. Con un avversario così, ne siamo sicuri, “Manzo” si sarebbe tolto tante soddisfazioni.
Continuando l’analisi della card ci concediamo una piccola digressione nel mondo del BJJ grazie a Paul Craig. Lo scozzese infatti ha dimostrato ancora una volta di essere uno specialista delle sottomissioni con una triangle choke dopo 2’06” del primo round che non ha lasciato scampo a Gadzhimurad Antigulov. Un nome magari non altisonante quello di Craig, ma che sicuramente può essere considerato uno dei fighter più puliti nella lotta a terra per ciò che riguarda i massimi leggeri UFC. Voto 6.5 per lui più che meritato quindi. Non va oltre il 4 invece Antigulov che si è guadagnato un punto in più solo per aver spaccato il viso di Craig come ultimo tentativo prima di obbligarsi alla resa.
Nel match successivo a prendersi il centro dell’ottagono sono state le donne. Carla Esparza vs Marina Rodriguez si presentava alla vigilia come una contesa molto attesa per ridistribuire le rispettive gerarchie nei piani alti della categoria dei pesi paglia femminili. A riuscirci è stata la Esparza con una prestazione molto strana. L’ex campionessa di origini ecuadoriane infatti dopo aver controllato il match nel primo e nel secondo round si è incaponita in entrambe le riprese in una goffa leva al piede che per poco non le è costata la sconfitta. Un doppio errore di valutazione che ha lasciato spazio alla Rodriguez di colpire causando anche un grosso ematoma all’arcata sopraccigliare sinistra della sua avversaria. Nel terzo round però ci hanno pensato gli uomini all’angolo a riportare sulla retta via la Esparza che ha ripreso così a fare quello che sa fare meglio, ovvero dare sfogo al suo eccellente wrestling. Una mossa che ha convinto in maniera decisiva i giudici che le hanno assegnato la vittoria per split decision. Noi invece non ci sentiamo di darle più di 6 in pagella perché è vero che la ragazza ha studiato, ma alcuni errori sono stati davvero da penna rossa. 5 invece per la Rodriguez che è riuscita a imporre il suo striking solo quando la Esparza si è distratta. Poi niente più.
Nel terzultimo match della main card riflettori puntati su Fabricio Werdum e Alexander Gustafsson. Una sfida a senso unico visto che un Werdum old style ha ripescato dal libro d’oro dei ricordi il suo Jiu Jitsu stellare portando al suolo Gustafsson e sottomettendolo con un’armbar arrivata dopo un set up da manuale. Buio pesto per lo svedese che al suo debutto nei massimi ha incassato subito una sconfitta pesante che gli vale anche un disastroso 3 in pagella per non aver dato seguito ai tanti proclami della vigilia. Voto 7 invece per “Vai Cavalo” che al suo ultimo match da contratto UFC (e a 42 anni suonati) è riuscito ancora a stupirci lasciando ora aperta più di una porta per il suo futuro.
E a proposito di futuro. Nel co-main event abbiamo assistito all’ultima danza marziale di Antonio Rogeiro Nogueira il quale ha deciso di concedersi un’uscita di scena in linea con il suo stile, ovvero lottando a viso aperto. Dall’altra parte però ha trovato un Mauricio “Shogun” Rua determinato a fare lo stesso. Niente di estremo come le guerre messe in atto da questi due luminari della violenza nel Pride e in UFC, ma comunque un buon match sotto l’aspetto tecnico considerata anche l’età dei due contendenti. Nogueira ci ha provato, cercando di annullare lo striking pesante di Rua e spostando anche il match a terra, ma non è riuscito quasi mai a creare grossi problemi al suo avversario. Un Rua che è sembrato anche più preciso con le sue proverbiali combinazioni di Muay Thai che probabilmente hanno indirizzato la contesa verso il verdetto di split decision in suo favore. Un 6.5 dunque per Rua ci sembra più che meritato come voto, così come il 6 di stima a Nogueira nel giorno del suo addio.
L’ultima analisi spetta come al solito al main event. Leggendo nello schedule Robert Whittaker vs Darren Till, siamo onesti, ci aspettavamo un duello epico e invece siamo stati costretti ad assegnare nuovamente dei diplomi da ragionieri a entrambi i lottatori. Il primo round è andato a Till grazie ad un knockdown provocato da una gomitata. Il secondo invece è andato a Whittaker, abile a rispedire al mittente il knockdown con un 1-2 esplosivo che ha mandato al tappeto Till. Da lì in poi però sono iniziati ad aleggiare gli algoritmi nella testa dei due sfidanti.
Il terzo e il quarto round così sono sfilati via senza particolari sussulti. Due riprese davvero difficili da decifrare dove entrambi gli atleti si sono scambiati colpi buoni più per segnare il volto che per creare un grosso dominio. Anche nell’ultimo round il copione è stato lo stesso, con un Till che è sembrato addirittura accontentarsi di quanto successo fino a quel momento. Una tattica che ha lasciato terreno fertile a Whittaker il quale ha cominciato a prendere di mira il polpaccio dell’avversario con dei kick per poi portarlo a terra con due takedown consecutivi. Azioni che hanno sancito con molta probabilità il verdetto di decisione unanime per il neozelandese che ha vinto, è vero, ma non ci ha convinto come aveva fatto in passato. In attesa di vedere se sarà all’altezza per contendere il titolo ad uno fra Adesanya e Paulo Costa per il momento si merita non più di un 6 in pagella. 5 invece per Till dal quale ci aspettavamo fuoco e fiamme e invece ha finito col spegnersi rapidamente round dopo round.
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Info sull'autore
35 anni, Responsabile editoriale di TuttoMMA. La scrittura e gli sport da combattimento sono arti sublimi. Poter fondere entrambe è la mia più grande passione.
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